giovedì 17 agosto 2017

FUGGIRE NON E' MAI LA COSA MIGLIORE

Durante questa sessione di mercato abbiamo assistito più che mai alle fughe dei giocatori, spesso vittime dei propri procuratori. L'ultimo caso riguarda Keita Baldè della Lazio, ma è solo il più recente di una lunga serie. Nel sistema che si è andato a creare ormai è difficile capire dove finisce la libertà del giocatore e dove inizia quella della società; ma cerchiamo di fare chiarezza.

Era il 2012 quando il Milan si accordava in gran segreto con Montolivo, garantendogli un ingaggio importante in cambio del mancato rinnovo con la Fiorentina. Fino a quel periodo i giocatori erano molto legati alle proprie società e, se si andava in scadenza, era di comune accordo. Però con il passare degli anni i giocatori si sono resi conto di come potessero essere padroni del loro destino.

La scorsa estate ha visto altri due episodi eclatanti: Diawara, giovane centrocampista in rampa di lancio, dopo una sola stagione a Bologna non si presenta in ritiro. Il suo procuratore Daniele Piraino ribadisce la volontà di non restare nella squadra felsinea e il giocatore rientra dalla Guinea solo dopo il trasferimento al Napoli. IL secondo riguarda proprio Keita, che aveva disertato la prima parte del ritiro, per poi essere convinto da Inzaghi a restare. Quest anno l'esplosione: Dembelè vuole il Barcellona e, appena capisce che per il Borussia è incedibile, sparisce. Kondogbia dice si al Valencia e diserta gli allenamenti ad Appiano Gentile e Keita, senza il permesso del club, da oggi non si allena a Formello.

Ribadendo che ogni giocatore ha la libertà di scegliere ciò che ritiene migliore per sé, rimane comunque la professionalità da rispettare. Diego Costa ha tutta ha ragione a cercarsi una nuova squadra, dopo il messaggio di Conte, ma questo non lo autorizza a non allenarsi.
Ogni calciatore deve essere prima di tutto un professionista, perciò, se le cose continueranno così, la FIFA dovrà prendere dei provvedimenti che vadano oltre una piccola multa.

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